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Corriere delle Alpi: Cirrosi dopo la trasfusione la famiglia fa ancora causa

Pieve di Cadore, 18 ottobre 2017.

La morte di un carabiniere sta per tornare nelle aule di giustizia Una commissione ha stabilito che il sangue infetto non si era fermato all’epatite.

Non più epatite, ma cirrosi: ecco la seconda causa civile. La morte di un giovane carabiniere di Latina, che 45 anni fa era di servizio a Pieve di Cadore, ha un motivo definitivamente accertato. L’epatite C contratta dopo una trasfusione di sangue richiesta da un problema fisico era diventata una cirrosi epatica: da qui la morte del militare.

Nello scorso maggio, il ministero della Salute era stato condannato a un risarcimento di 375 mila euro per non aver controllato il sangue.Nel secondo procedimento appena intentato dopo il responso di una Commissione medica ospedaliera, l’avvocato Mattarelli, che rappresenta la famiglia del defunto, chiederà un ulteriore risarcimento, stavolta per omicidio colposo.

Nel frattempo, è arrivato un acconto di 77 mila 500 euro del primo risarcimento: «C’è una relazione causale fra trasfusioni, contagio epatico, cirrosi e decesso», spiega il legale, «ecco perchè vogliamo far ottenere agli eredi un nuovo risarcimento per i danni che hanno patito in proprio per la morte del congiunto, che a tutti gli effetti è un omicidio colposo».

È il 30 maggio 1972 quando il carabiniere viene sottoposto a una trasfusione di sangue.

Era stato colpito da un evento acuto e ricoverato per alcune settimane all’ospedale di Pieve di Cadore. Apparentemente non ci sono conseguenze negative sulla qualità della sua vita, ma quella sacca è infetta e negli anni 90 gli provocherà un’epatite cronica, che non ha mostrato sintomi per circa vent’anni. Nel 2002, la malattia si riattiva e ed è in quel momento che l’uomo diventa consapevole del fatto che quell’infezione era dovuta alla trasfusione. Morirà nel 2016, quando pensava di aver superato la fase più critica. Ma la causa non andava individuata nell’epatite, bensì nella cirrosi, che nel frattempo era subentrata. Un conto è il mancato controllo, altro l’evoluzione della malattia. A certificarlo una commissione medica.

Il risarcimento per i danni alla salute ha permesso alla famiglia di avere più di 350 mila euro, ma adesso si tratterà di quantificare quello per omicidio colposo.

Il rischio trasfusionale nel 1972 era piuttosto elevato, sia per la mancanza di test che consentissero l’identificazione dei virus e sia soprattutto perchè la selezione dei potenziali donatori non era sufficientemente accurata con esclusione dei soggetti che presentassero fattori di rischio; inoltre non erano stringenti i controlli sul sangue ed emoderivati di provenienza estera, dove era ancora diffusa la pratica dei donatori mercenari. Ma non era solo questo

 

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