Latina.
Tumore “trascurato” poi un’odissea tra diversi ospedali.
Al “Goretti” lo rimandano a casa, da lì inizia una serie di ricoveri e interventi. Ora i familiari chiedono i danni.
Un tumore “trascurato” dai medici che lo hanno preso in carico, un intervento chirurgico andato male, un’infezione e tanti ricoveri, fino al decesso. I familiari di Emilio, il nome è di fantasia, deceduto a 80 anni, ora vogliono essere risarciti. Hanno convocato la Asl attraverso il loro legale, l’avvocato Renato Mattarelli, per un tentativo di conciliazione ma l’azienda non si è presentata. Al di là di possibili errori che saranno giudici e prima ancora medici legali a verificare, quella di Emilio è stata una vera e propria odissea. Due accessi al pronto soccorso di Latina, uno al “Colombo” di Velletri, un altro al “Goretti” del capoluogo con ricovero e intervento chirurgico, ancora in ospedale ma al “Gemelli” perchè su quello eseguito a Latina si era verificata una infezione e c’era anche la necessità di ricostruire il cranio, il trasferimento all’istituto “Clara Franceschini” di Sabaudia per una improbabile riabilitazione, infine il decesso. Il tutto nell’arco di pochi mesi, quelli che avrebbero fiaccato chiunque, figuriamoci un uomo avanti con l’età e paziente oncologico. Si va dalla «inadeguata valutazione del caso oncologico» alla «lacunosità dell’esame istologico», dal «negligente/imprudente intervento» a «errata chiusura della craniotomia», passando per «errata attribuzione del codice di triage e tardiva assistenza» e la «mancanza totale dei consensi informati diagnosti-terapeuti-ci». La vicenda inizia nell’ottobre 2009, quando Emilio ha convulsioni, crisi epilettiche e rallentamento psico-motorio e viene por-tato d’urgenza al “Santa Maria Goretti”. Ai medici racconta del precedente di una decina d’anni prima, quando era stato operato per la rimozione di un tumore alle meningi. Un particolare che sfuggirà o non sarà preso in dovuta considerazione dai medici che rimanderanno a casa l’uomo dopo 7 ore «senza alcuna prescrizione strumentale». Due mesi dopo ci risiamo e la situazione non cam-bia: dimissione «con la sola prescrizione di un sedativo e senza pianificazione di alcun esame strumentale di approfondimento». A questo punto i familiari decidono di far eseguire una risonanza magnetica a Velletri, dove emerge la recidiva del tumore. Questa volta a marzo 2010 viene operato al “Goretti” dal quale viene dimesso « senza una mirata terapia antibiotica, senza prescrizione degli esami di controllo e della radioterapia con conseguente aggravamento delle condizioni». Passano 73 giorni e torna in pronto soccorso, la ferita è infetta e sono tornate le crisi epilettiche. Anche in questo caso, dimissione, ma le condizioni peggiorano e viene portato al “Gemelli”: interventi a giugno e settembre, poi riabilitazione fino al decesso, a marzo 2013, per l’aggravamento della patologia tumorale. Un quadro clinico che era sicuramente compromesso, sin dall’inizio, ma di fronte al quale – secondo i familiari – si poteva e doveva fare di più e meglio.