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Il Messaggero, 23 aprile 2019

Latina.

Tumore “trascurato” poi un’odissea tra diversi ospedali.

Al “Goretti” lo rimandano a casa, da lì inizia una serie di ricoveri e interventi. Ora i familiari chiedono i danni.

Un tumore “trascurato” dai medici che lo hanno preso in carico, un intervento chirurgico andato male, un’infezione e tanti ricoveri, fino al decesso. I familiari di Emilio, il nome è di fantasia, deceduto a 80 anni, ora vogliono essere risarciti. Hanno convocato la Asl attraverso il loro legale, l’avvocato Renato Mattarelli, per un tentativo di conciliazione ma l’azienda non si è presentata. Al di là di possibili errori che saranno giudici e prima ancora medici legali a verificare, quella di Emilio è stata una vera e propria odissea. Due accessi al pronto soccorso di Latina, uno al “Colombo” di Velletri, un altro al “Goretti” del capoluogo con ricovero e intervento chirurgico, ancora in ospedale ma al “Gemelli” perchè su quello eseguito a Latina si era verificata una infezione e c’era anche la necessità di ricostruire il cranio, il trasferimento all’istituto “Clara Franceschini” di Sabaudia per una improbabile riabilitazione, infine il decesso. Il tutto nell’arco di pochi mesi, quelli che avrebbero fiaccato chiunque, figuriamoci un uomo avanti con l’età e paziente oncologico. Si va dalla «inadeguata valutazione del caso oncologico» alla «lacunosità dell’esame istologico», dal «negligente/imprudente intervento» a «errata chiusura della craniotomia», passando per «errata attribuzione del codice di triage e tardiva assistenza» e la «mancanza totale dei consensi informati diagnosti-terapeuti-ci». La vicenda inizia nell’ottobre 2009, quando Emilio ha convulsioni, crisi epilettiche e rallentamento psico-motorio e viene por-tato d’urgenza al “Santa Maria Goretti”. Ai medici racconta del precedente di una decina d’anni prima, quando era stato operato per la rimozione di un tumore alle meningi. Un particolare che sfuggirà o non sarà  preso in dovuta considerazione dai medici che rimanderanno a casa l’uomo dopo 7 ore «senza alcuna prescrizione strumentale». Due mesi dopo ci risiamo e la situazione non cam-bia: dimissione «con la sola prescrizione di un sedativo e senza pianificazione di alcun esame strumentale di approfondimento». A questo punto i familiari decidono di far eseguire una risonanza magnetica a Velletri, dove emerge la recidiva del tumore. Questa volta a marzo 2010 viene operato al “Goretti” dal quale viene dimesso « senza una mirata terapia antibiotica, senza prescrizione degli esami di controllo e della radioterapia con conseguente aggravamento delle condizioni». Passano 73 giorni e torna in pronto soccorso, la ferita è infetta e sono tornate le crisi epilettiche. Anche in questo caso, dimissione, ma le condizioni peggiorano e viene portato al “Gemelli”: interventi a giugno e settembre, poi riabilitazione fino al decesso, a marzo 2013, per l’aggravamento della patologia tumorale. Un quadro clinico che era sicuramente compromesso, sin dall’inizio, ma di fronte al quale – secondo i familiari – si poteva e doveva fare di più e meglio.

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