Lecce, 5 dicembre 2019.
Ottiene giustizia dopo 24 anni. Il Tribunale di Lecce ha riconosciuto a una studentessa infettata da epatite B un risarcimento di 50.000 euro e un assegno di 800 euro al mese come vitalizio. Due giorni dopo la nascita, infatti, la neonata fu sottoposta a una trasfusione di sangue per «malattia emolitica neonatale da incompatibilità materno-fetale» che ha causato l’infezione, scoperta l’anno successivo.
La commissione medico-ospedaliera alla quale si erano rivolti i genitori già nel 1995 e il Ministero della salute avevano negato l’indennizzo ma il giudice del lavoro Francesca Costa ha stabilito, invece, che la giovane ha diritto a ricevere la quota mensile prevista dalla legge 210/92, gli arretrati e gli interessi legali.
Il Tribunale ha accolto il ricorso presentato dall’avvocato Renato Mattarelli, del foro di Latina, specializzato in questo settore: «I test sull’epatite B c’erano già nel ’78 e quella trasfusione è risultata infetta. Dal ’90, per legge, andavano fatti controlli su tutte le donazioni ed era già entrato in vigore il piano sangue – aggiunge il legale – lascio solo immaginare in quali condizioni viva una ragazza con una patologia del genere e a quale stress sia sottoposta solo per i continui controlli, oltre i rischi legati alla malattia»
In quegli anni, fra l’altro, era già scoppiato lo scandalo noto come quello del sangue infetto.
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