Ottiene giustizia per la trasfusione di sangue infetta, ma muore prima di ricevere il risarcimento. Ora la Corte d’Appello le dà definitivamente ragione.
E’ la storia di una donna di Latina morta a 69 anni per un cancro e metastasi al fegato.
La sentenza delle Corte di Appello di Roma di oggi, 8 ottobre 2018, accogliendo la difesa dell’avvocato Renato Mattarelli che l’ha assistita ha specificato come a contagiare la donna di Latina furono diverse trasfusioni di sangue che le furono somministrate nel 1974-1975 fra l’ospedale di Velletri e il policlinico Umberto I di Roma.
Il tribunale di Roma le aveva già riconosciuto, con una sentenza del 2012 che il Ministero aveva appellato, un risarcimento di 130mila euro. La vittima però è morta nel 2013 e ora che la Corte d’Appello le dà di nuovo ragione, non potrà mai ricevere la somma.
Quelle trasfusioni degli anni ’70 da una parte le salvarono la vita da una leucemia(quando aveva 30 anni), dall’altra l’hanno infettata. È stato nel 2008 che la donna ha scoperto di essere affetta da epatite C. Per questo chiese ed ottenne, attraverso l’avvocato Mattarelli,un primo indennizzo mensile di circa 710 euro (previsto dalla legge n. 210/1992 a tutela dei danneggiati da emotrasfusioni), a cui è poi seguita l’ulteriore causa di risarcimento dei danni del primo e del secondo grado terminato oggi con la conferma della vittoria.
La morte della donna del 2013, dovuta fra l’altro da una metastasi al fegato, apre la strada ad un’altra inquietante probabilità : le metastasi potrebbero essere conseguenza di un aggravamento dell’epatite C post-trasfusionale. Per questo la famiglia della signora ha già da tempo incaricato l’avvocato Mattarelli di intraprendere una nuova causa contro il Ministero della Salute. L’ipotesi è che quelle trasfusioni non solo hanno provocato l’epatite C alla loro congiunta, ma l’avrebbero anche uccisa.