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Molte le cause che riguardano cittadini pontini che chiedono di essere risarciti. Tra le malattie anche l’epatite.

Aumentano le azioni legali di pazienti «trasfusi» in passato e che hanno contratto il virus.

Una battaglia. Nel gennaio scorso una donna di Sezze ha vinto contro il ministero della Salute.

Sangue letale da Hiv. Aumenta il numero di pazienti pontini che fa causa al ministero della Salute per aver contratto malattie infettive a seguito di trasfusioni non controllate in diverse strutture sanitarie, comprese quelle della provincia. Trasfusioni di sangue infetto che si concentrano tra gli anni “˜60 fino agli anni “˜90 quando le sacche di sangue, purtroppo, non venivano sottoposte ad accurati controlli e quando le garanzie erano a dir poco inesistenti.

Dieci i casi sollevati negli ultimi due mesi da parte di pazienti pontini malati di Hiv, epatite B, C e D e che sono assistiti dall’avvocato Renato Mattarelli. Tra di loro ci sono anche «trasfusi» appena nati.

Nella maggior parte delle cartelle cliniche al vaglio si tratta di persone che, di con- seguenza alla malattia, sono entrate in uno stato depressivo con la paura di essere scoperte. Hanno timore che qualcuno risalga a loro, per ché i riferimenti compaiono sempre sugli atti processuali e perché quando si soffre di una patologia di questo tipo eÌ€ difficile che qualcuno creda all’eventualitaÌ€ di una trasfusione.

Molte le storie cosiÌ€ che si ripetono, di pazienti accomunati da un’unica speranza: quella di vedersi risarciti dal ministero della Salute per un errore imperdonabile e che ha condizionato per sempre la loro esistenza.
Tra i tanti casi c’eÌ€ anche quello di P.D.C., una donna di 70 anni morta di cirrosi epatica all’etaÌ€ di 70 anni al Goretti a causa di una trasfusione risalente al 1974 alla quale era stata sottoposta all’ospedale di Velletri. Questo quanto stabilito il consulente del Tribunale in una delle cause iniziate dallo studio legale Mattarelli – Mezzini contro il ministero.

Il 10 gennaio scorso, infatti, era stata pubblicata la sentenza che ha condannato il ministero della Salute ad un risarcimento record di 400mila euro a favore di una donna di Sezze di 67 anni che nel 1975 era stata trasfusa con sangue infetto presso l’ospedale civile di Sezze. A seguito delle emotrasfusioni, aveva contratto gravissi- me infezioni e principalmente l’epatite C, accertata nel 2003 presso l’ospedale Santa Maria Goretti di Latina. Dopo aver riscontrato la responsabilitaÌ€ gerarchica del ministero per il mancato controllo sul sangue infuso, il giudice aveva proceduto ad una quantificazione del danno non patrimoniale tenendo conto non solo e non tanto del danno al fegato provocato dall’epatite C ma anche di ulteriori gravissime ripercussioni alla vita di relazione. Infatti, la consapevolezza del contagio (dopo il 2003) aveva condotto la donna ad un comportamento familiare e relazionale dettato da aggressivitaÌ€, depressione, isolamento e paura di una possibile morte, tanto da dover ricorrere una terapia di sostegno psichiatrico.

 

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