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Trasfusioni praticate all’estero

Giurisprudenza massimata – Indennizzo Legge n.210/92

 

Trasfusioni praticate all’estero

• I benefici accordati a quanti presentino danni irreversibili da epatiti post-trasfusionali (e, in caso di morte del soggetto contagiato, ai familiari considerati a suo carico) non spettano in caso di patologie contratte a seguito di trasfusioni o somministrazioni di emoderivati effettuate all’estero (nella specie, si e escluso altresì rilievo alla circostanza che la somministrazione di sangue infetto poteva esse- re avvenuta in occasione di un trapianto praticato nel Lana del Tirolo, in forza di apposite convenzioni con le province di Trento e Bolzano, fondate sugli accordi di cooperazione transfrontaliera tra Italia e Austria, peraltro successivi all’esecuzione dell’intervento chirurgico).
(Cass. civ., sez. lav., 17/1/2005, n. 753, in Foro it., 2005, 1, 676).

• Nel caso di epatite post-trasfusionale, il beneficio economico previsto dalla legge n. 210 del 1992 prescinde dai presupposti della responsabilità civile ed ha invece natura assistenziale, collegata alla situazione obiettiva di menomazione dello stato di salute in cui si trova il beneficiario. Pertanto l’attribuzione del beneficio economico e ammessa anche nel caso di trattamenti sanitari eseguiti in strutture private od in strutture sanitarie di stati esteri in quanto la limitazione del beneficio in funzione del luogo di intervento creerebbe una violazione nella sfera di protezione della salute del cittadino.
(Trib. Ravenna, 29/4/2004, in Sito Giuraemilia.it, 2004).

• E’ illegittimo il provvedimento ministeriale di rigetto dell’istanza di indennizzo proposta dal ricorrente ai sensi della legge 25 febbraio 1992, n. 210, dopo aver contratto un’epatite a seguito di due trasfusioni postoperatorie, pur se effettuate fuori dal territorio italiano, dal momento che i benefici della citata legge possono applicarsi legittimamente nei confronti dei cittadini italiani che abbiano riportato danni a seguito di trasfusioni effettuate in Stati esteri, ove il ricorso alla struttura estera sia stato necessitato per sopperire a deficienze del Servizio Sanitario Nazionale e da questo riconosciute nel momento in cui, verificata la sussistenza dei presupposti di legge, ha autorizzato preventivamente – come nel caso de quo – il ricorso alle prestazioni estere. Ne potrebbe essere diversamente, perché da un’opposta interpretazione deriverebbe, certamente, un vulnus agli artt. 32 e 3 Cost., ossia una violazione dei diritti fonda- mentali alla tutela della salute e dell’uguaglianza dei cittadini.
(T.A.R. Campania Napoli, sez. I, 29/3/2002, n. 1724, in Foro amm. TAR, 2002, 1017).

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