Il giudice del Tribunale di Roma, la dottoressa Carmen Bifano, ha dato ragione a una paziente setina che oggi ha 67 anni, la quale nel 1975 venne infettata dal virus dell’epatite C presso l’ospedale di Sezze.
L’infezione avvenne a causa di una trasfusione. La sentenza di condanna nei confronti del Ministero della Salute (per il mancato controllo del sangue) è stata pubblicata ieri. La diagnosi di Hcv, per la donna, avvenne nel 2003 presso l’ospedale Santa Maria Goretti di Latina. Il danno riconosciuto alla donna non è solo di tipo materiale, ma anche di tipo non patrimoniale, dovuto ai problemi di relazione avuti negli anni successivi, dovendo ricorrere anche a cure psichiatriche, oltre alle terapie per il fegato. «Dopo la diagnosi di Hcv, dal 2003, la donna di Sezze ““ ha spiegato l’avvocato Renato Mattarelli ““ si è del tutto isolata e tende sempre più ad emarginarsi per non dover spiegare agli altri il proprio stato di salute. La percezione della qualità della vita è cambiata: il rapporto con se stessa è mutato . Il rapporto con gli altri è cambiato per la perdita di fiducia nel prossimo, anche nelle persone più intime. La consapevolezza del contagio, infatti, ha condotto la donna ad un comportamento familiare «egato» e guardingo e, comunque, ad un comportamento relazionale dettato da aggressività , depressione, isolamento e paura di una possibile (nella sua mente: probabile) morte, tanto da dover ricorrere una terapia di sostegno psichiatrico».
Il Tempo