Latina, 8 agosto 2017
Un risarcimento da 140mila euro per una trasfusione di sangue infetto per una giovane donna di Latina. La sentenza è di oggi 7 agosto. La 45enne è stata trasfusa in un ospedale del Veneto nel 1972 subito dopo la nascita.
Lo ha deciso il tribunale di Roma con la sentenza n. 15931/2017, notificata all’avvocato Renato Mattarelli, che ha assistito la giovane ed avviato la causa contro il Ministero della Salute. Solo 10 anni fa, all’eta di 35 anni la donna aveva scoperto di essere stata contagiata dall’epatite C. Subito dopo è caduta in una grave depressione.
“Se infatti non è facile accettare la condizione di “infettato” quando si hanno 60/70 anni ““ si legge in una nota del legale della vittima di questo caso di malasanità ““ (questa è l’eta media in cui si manifestano le epatiti o l’hiv post-trasfusionale), è praticamente impossibile accettarla a 35 anni, quando si è nel pieno della vita. La sentenza del giudice Carmen Bifano, infatti valorizza principalmente il danno psichico alla vita di relazione (patito dalla giovane) piuttosto che il danno fisico epatico. Per chi infatti convive con l’epatite C ““ e, come la donna di Latina, ha sempre convissuto (pur non ancora sapendolo) con la malattia (contratta a seguito delle trasfusioni alla nascita) ““ tutto cambia, dalle abitudini igieniche a quelle alimentari, al rapporto con il coniuge e con i figli, si ha paura di contagiare gli altri, ci si sente tollerati”.