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Morte sospetta in una casa. Soccorso per una bronchite, i famigliari della vittima citano l’Ares.

L’episodio nel 2008: il 74enne non era stato ricoverato ed era deceduto poco dopo.

Era stato soccorso in casa per una bronchite, ma i medici non avevano disposto il ricovero e l’uomo era morto dopo due ore.

Un episodio per il quale è stata citata l’Ares 118 di Latina. I fatti risalgono alle 3 febbraio del 2008 a Latina Scalo. La convivente di figli di Orlando Banin, assistiti dall’avvocato Renato Mattarelli, chiedono adesso risarcimento dei danni patrimoniali, esistenziali e morali, causati dalla morte del loro congiunto che “attribuiscono ad una serie di errori ed inadempienze” al momento del soccorso in casa.

“Giunto a casa di Banin, il personale dopo una visita diagnosticata una broncopneumatia da curare con le inalazioni di un prodotto specifico, il Ventolin, senza la necessità di una ricovero in ospedale e classificando l’intervento con un codice verde” si legge nell’atto di citazione.

Dal canto loro i parenti avevano mostrato agli operatori una serie di analisi e il precedente “evento tromboembolico” chiedendo con insistenza il suo trasferimento al Goretti di Latina. Infatti, nel 2005 il settantenne era stato ricoverato d’urgenza per pregressa trombosi.

Tuttavia, spiga la citazione dell’avvocato, “i sanitari provvedevano ad un controllo delle condizioni di salute del paziente, misurandone la pressione, il battito cardiaco, l’ascoltazione polmonare al termine della quale dirigevano una diagnosi di broncopnemopatia”.

Nel pomeriggio, però, le condizioni di Banin si erano aggravate ed alle 21,05 gli addetti di una seconda ambulanza (questa volta della CRI) non potevano che constatare il decesso dell’anziano per una tromboembolia polmonare massiva.

Per il legale che assiste la famiglia della vittima le cure sono state inadeguate.
“I sintomi evidenti mostrati dal paziente – continua la citazione – con ansia, dispenea, shock cardiogeno, dolore toracico, tachicardia,etc, la precisa relazione verbale di familiari e soprattutto la documentazione clinica da loro mostrata avrebbe dovuto indurre il personale sanitario quanto meno ad inquadrare l’ipotesi di embolia o, almeno, farsi venire un sospetto”. E quindi di ricoverare il paziente in ospedale per tenerlo sotto controllo e predisporre ulteriori analisi e accertamenti “che se effettuati avrebbero permesso le dovute cure ed eviato il decesso dell’anziano, o perlomeno, non gli avrebbero fatto perdere le chanches di sopravvivenza”.

Dal canto suo l’Ares, chiamata in causa, porta a difesa del proprio operato un foglio firmato proprio da Banin di rifiuto di ricovero. Un foglio però che i famigliari reputano di nessuna importanza in quanto non era stato spiegato con esattezza il contenuto del foglio.

Dopo il fallimento di ogni tentativo di bonario componimento della vertenza, i familiari una citano per “responsabilità e colpa” in sede civile l’Ares.

In caso si dovessero ravvisare delle responsabilità da parte delle dette al soccorso, sarà  il giudice stabilire l’ammontare del risarcimento riconosciuto i famigliari della vittima.

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