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Sangue infetto, è maxi risarcimento

Un indennizzo di 360mila euro per la donna che ha contratto l’epatite C 40 anni fa.

La Corte d’Appello conferma la condanna del Ministero della Salute emessa dal tribunale di Roma.
Sangue infetto maxi risarcimento il giornale di latina 12-05-16
Il giornale di Latina edizione del 12 maggio 2016 pag. 31

Ha diritto ad un maxi risarcimento da 360mila euro una donna di Sezze, che oggi ha 72 anni, che ha contratto l’epatite C a causa di una trasfusione con sangue infetto. I fatti risalgono al 1975 e accaddero all’interno dell’allora Ospedale San Carlo di via San Bartolomeo, quando la donna, di anni ne aveva solo 31. A stabilirlo è stata la sentenza della Corte di Appello che ha confermato quanto già  stabilito dal Tribunale di Roma che nel 2011 aveva già  condannato il Ministero della Salute al risarcimento.

La prima causa era iniziata nel 2008 e si era conclusa nel 2011 con il riconoscimento nei confronti della vittima, che già  percepisce l’indennizzo previsto dalla legge 210, del maxi risarcimento. Il Ministero si era appellato alla prescrizione del diritto al risarcimento, al buon uso del sangue da parte dei sanitari del PO di Sezze e al consenso della donna alle trasfusioni.

Il giornale di Latina 12-05-2016 - Avvocato Mattarelli
Il giornale di Latina 12 maggio 2016 – Prima pagina

La difesa condotta però dall’avvocato Renato Mattarelli ha convinto la corte di Appello di Roma a confermare la decisione del primo grado poiché la donna, come molti altri pazienti pontini, non avevano avuto conoscenza del contagio se non dopo decine di anni, visto che l’epatite C è una malattia che si manifesta, spesso senza sintomi, anche dopo 30 anni dal contagio. La sentenza n.2969 dell’11 maggio 2016, ribadisce che durante il ricovero del 1975 presso l’Ospedale di Sezze non vennero effettuati i dovuti controlli sulla sacche di sangue trasfuse alla donna. Anche se all’epoca non era obbligatorio il test di rilevamento dell’epatite C sulle donazioni di sangue (inventato solo nel 1989), i sanitari del nosocomio setino avrebbero potuto evitare il contagio con strumenti indiretti quali il termo trattamento del sangue donato per rendere inattivi eventuali virus, oppure avrebbero potuto procedere all’esclusione delle sacche ricevute per presenza di enzimi rilevatori di epatiti (transaminasi altissime).

La condanna del Ministero della Salute arriva quindi proprio a causa della condotta dei sanitari di Sezze che non potevano ignorare i rischi infettivi epatici delle trasfusioni di sangue. Le conclusioni sono quindi due: o i sanitari di Sezze hanno disatteso informazioni che avevano a disposizione o non le conoscevano. Entrambi i casi portano alla condanna del Ministero della Salute che avrebbe dovuto dare controlli sull’attività trasfusionale.

 

Di Luca Morazzano – Il giornale di Latina edizione del 12 maggio 2016

 

Il giornale di Latina ha pubblicato anche un’altra notizia: “La legge delle trasfusioni”. Clicca qui per leggerla

 

La notizia è stata riportata anche da Il Messaggero, clicca qui per leggere la notizia.

 

 

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