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Trasfusione con sangue infetto. Il ministero dovrà  risarcire

Il tribunale di Roma ha condannato il ministero della Salute al pagamento di 400mila euro a favore di una donna che nel 1975 aveva subito una trasfusione in seguito alla quale aveva contratto l’epatite C. Dopo la diagnosi della malattia era caduta in una crisi depressiva – Affaritaliani.it

Un maxi risarcimento di 400mila euro. E’ quanto il ministero della Salute dovrà  pagare a una donna di Sezze, oggi 67enne, che nel 1975 subì una trasfusione con sangue infetto all’ospedale di Sezze. La sentenza di condanna, con relativa quantificazione del danno non patrimoniale, è stata emessa dal tribunale di Roma.

Dopo le trasfusioni, la donna ha contratto gravi infezioni che hanno pregiudicato la sua vita di relazione. Nel 2003 l’ospedale Santa Maria Goretti di Latina ha accertato l’epatite C contratta dalla vittima. Una diagnosi che non ha più consentito alla signora di vivere una vita normale e l’ha gettata in uno stato di depressione e isolamento. Il tribunale di Roma ha ora riconosciuto la responsabilità  del ministero della Salute per la mancanza di controlli sul sangue destinato alle trasfusioni, disponendo un risarcimento di 400mila euro a favore della donna.

Sangue infetto all’ospedale di Sezze, maxi risarcimento per una donna malata – Latina 24 ore

E’ stato pubblicata oggi la sentenza del Tribunale di Roma, Giudice Dott.ssa Carmen Bifano, che condanna il Ministero della Salute ad un risarcimento record di circa 400.000 euro in favore di una donna di Sezze di 67 anni che nel 1975 venne trasfusa con sangue infetto presso l’Ospedale Civile di Sezze. A seguito delle emotrasfusioni, la donna ha contratto gravissime infezioni e principalmente l’epatite C accertata nel 2003 presso l’ospedale Santa Maria Goretti di Latina.

Dopo aver accertato la responsabilità  gerarchica del ministero per il fatto illecito dell’Ospedale di Sezze (mancanza di controlli sul sangue infuso), il Giudice ha proceduto ad una quantificazione del danno non patrimoniale tenendo conto non solo e non tanto del danno al fegato provocato dall’epatite C ma anche di ulteriori gravissimi pregiudizi alla vita di relazione.

Infatti, la consapevolezza del contagio (dopo il 2003) ha condotto la donna ad un comportamento familiare “legato” e guardingo e, comunque, ad un comportamento relazionale dettato da aggressività , depressione, isolamento e paura di una possibile (nella sua mente: probabile) morte, tanto da dover ricorrere una terapia di sostegno psichiatrico.

“Dalla data di diagnosi di HCV (2003), la donna di Sezze ““ spiega l’avvocato Renato Mattarelli ““ si è del tutto isolata e tende sempre più ad emarginarsi per non dover spiegare agli altri il proprio stato di salute. La percezione della qualità  della vita è cambiata: il rapporto con se stessa è permanentemente mutato: l’inattività  forzata, i gesti più semplici diventano una gran fatica; non c’è riposo nel sonno per la donna, condotta, suo malgrado, ad una inesorabile ed inevitabile perdita di autostima. Il rapporto con gli altri è cambiato per la perdita di fiducia nel prossimo, anche nelle persone più intime, che non possono capire la sua condizione di “infettata”.
Prima del contagio del 1975, era una persona felice, socialmente attiva e con molti amici; dopo la diagnosi di HCV del 2003, la donna è sprofondata nella certezza negativa di non poter vivere ogni situazione di svago”.

Sezze, trasfusione con sangue infetto: tribunale decide maxi risarcimento – Libero

Un risarcimento record da 400mila euro per una trasfusione di sangue infetto. E’ quanto il ministero della Salute dovrà  corrispondere in favore di una donna di Sezze di 67 anni che nel 1975 venne trasfusa con sangue infetto presso l’Ospedale Civile di Sezze. A seguito delle emotrasfusioni, la donna ha contratto gravissime infezioni e principalmente l’epatite C, accertata nel 2003 presso l’ospedale Santa Maria Goretti di Latina. Il risarcimento è stato stabilito dal giudice Carmela Bifano del tribunale di Roma con sentenza pubblicata oggi.

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