Aveva subito trasfusioni durante il ricovero del 26.12.88 – 4.01.89, presso l’Ospedale Civile “S. Maria Goretti” di Latina.
Nel 2007, una donna di Latina oggi di 46 anni, a seguito di controlli sanitari di routine (analisi del sangue con transaminasi fuori norma), scopre di aver contratto un’epatopatia irreversibile HCV correlata.
E’ l’inizio di un calvario: la donna sposata e con figli inizia ad auto-emarginarsi. Ha paura del giudizio degli altri: quella grave malattia infettiva la contraggono i drogati e le prostitute!
La donna ha nuova percezione quantitativa e qualitativa del tempo che viene vissuto come un conto alla rovescia: il futuro non viene percepito come chances ed opportunità di vita ma come tempo che la separa dalla morte.
La percezione della qualità della sua vita cambia: il rapporto con se stessa è permanentemente mutato: l’inattività forzata, i gesti più semplici diventano una gran fatica; non c’è riposo nel sonno della donna condotta, suo malgrado, ad una inesorabile ed inevitabile perdita di autostima.
Il rapporto con gli altri è cambiato per la perdita di fiducia nel prossimo, anche nelle persone più intime, che non possono capire la sua condizione di “infettata”.
Il marito è disoccupato e i figli vanno a scuola. Lei è l’unica che con piccoli lavori di pulizia contribuisce in famiglia.
L’unico spiraglio si apre quando qualcuno le spiega che la causa della infezione HCV potrebbe essere legata alle trasfusioni di sangue somministratale nel 1988-1989 presso il S.M. Goretti di Latina e che per questo è previsto un indennizzo (una sorta di “pensione”) dalla legge n. 210/1992.
La delusione arriva quando, a seguito della domanda proposta all’ASL di Latina, arriva nell’agosto 2008 la risposta negativa dell’ASL che – dopo aver riconosciuto che l’epatite C contratta è conseguenza delle trasfusioni del S.M. Goretti ““ afferma che la domanda di indennizzo sarebbe stata presentata in ritardo e che comunque la malattia non sarebbe così grave.
Partono così un serie di ricorsi fino a quello giudiziario redatto dall’avvocato Renato Mattarelli che si conclude con la sentenza di ieri 16 giugno 2011, del Tribunale di Latina in persona della Dott.ssa Maria Vittoria Valente che accoglie integralmente tutte le richieste della donna: il Ministero della Salute viene condannato per il fatto dei medici del S.M. Goretti a pagare vita natural durante l’indennizzo mensile di circa € 600,00 oltre gli arretrati.
Ora seguirà la causa del risarcimento integrale dei tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali: di sicuro una “pensioncina” di 600,00 euro al mese non è il giusto ristoro per chi ha subito una così grave patologia invalidante.
Quello che è davvero grave è che all’epoca dell’infezione: dicembre 1988 ““ gennaio 1989, esisteva già i Markers (test) per il rilievo dell’epatite C nel donatore di sangue poi trasfuso alla donna.
C’è davvero da chiedersi come mai quel sangue non venne controllato o mal controllato dal centro trasfusionale del S.M. Goretti pur in presenza dell’obbligo normativo (già dai primi mesi del 1988) di controllare la donazione di sangue che ha infettato la donna di Latina.
Per questo non è escluso che la nuova causa possa essere intentata, oltre che contro il Ministero della Salute (che doveva vigilare) anche contro l’Ospedale Santa Maria Goretti per non aver dovutamente controllato la sacca di sangue.
Il Messaggero