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Epatite da trasfusione, muore 74enne

Malattia scoperta per caso solo nel 2008, atteso un maxi risarcimento per l’errore commesso al “Goretti”.

L’ultima volta che aveva parlato con il suo avvocato e saputo dell’imminente sentenza era contento. Non potrà mai sapere, invece, come andrà a finire perchè nel frattempo è morto. Aveva 74 anni e da quattro stava lottando con l’epatite C, contratta a causa di una trasfusione di sangue.

La scoperta è del 2008, ma quella trasfusione risale addirittura al 1985. Nei giorni scorsi si è spento a Doganella di Ninfa e «ad ucciderlo è stata una cirrosi epatica conseguente a un’infezione da epatite C post-trasfusionale». A ricostruire la sua storia è l’avvocato Renato Mattarelli, specializzato in questo genere di cause, il quale ricorda come l’uomo 27 anni fa venne sottoposto a trasfusione a seguito di «una grave ustione» all’ospedale Santa Maria Goretti.

La malattia del fegato, però, è stata scoperta solo nel 2008, quando curando una cosiddetta «patologia parallela» – il diabete – è stata diagnosticata anche l’epatice C. «Come è noto – ricorda Mattarelli – l’epatite C è una patologia silente e può restare in uno stato di latenza per decine di anni. Con la conseguenza che se non scoperta subito, comunque non prima del 1989, quando in Italia venne imposto il test sui donatori di sangue, può trasformarsi in un killer spietato capace di uccidere». Quando l’uomo che è mancato nei giorni scorsi ha iniziato a curarsi «era ormai troppo tardi».

Secondo l’avvocato «a nulla è servito richiedere ed ottenere l’indennizzo previsto dalla legge 210 del 1992, destinato proprio ai soggetti infettati da trasfusioni di sangue». Ma soprattutto «non potrà vedere la condanna del ministero della salute nell’ulteriore causa la cui sentenza sarà  emessa entro la fine dell’anno». perchè ci sono pochi dubbi sul risultato del procedimento avviato dall’uomo. Il consulente tecnico d’ufficio medico legale che si è occupato di quanto accaduto in ospedale 27 anni fa «ha riconosciuto la responsabilità durante la trasfusione e il mancato controllo della qualità del sangue trasfuso, oltre a un’invalidità permanente del 60%». Un risarcimento – in queste condizioni – è previsto in almeno 600.000 euro. Destinati, ormai, agli eredi. «Stiamo valutando se continuare la causa iniziata, intervenendo per i danni da uccisione, omicidio colposo, o se intraprende un nuovo giudizio». Nel frattempo sarà  chiesta un’integrazione dell’indennizzo già  percepito dal defunto. Il quale, purtroppo, non saprà mai di aver avuto giustizia per quel sangue trasfuso, arrivato da chissà dove e che nessuno ha controllato.

 

Il Messaggero

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