Epatite, processo da rifare. Il perito: la Asl ha «dimenticato» parte della documentazione. L’uomo aveva subito un intervento chirurgico in seguito ad un incidente stradale.
SEMBRAVA destinato ad una archiviazione definitiva il processo intentato da un uomo di 55 anni infettato dal virus dell’epatite C in seguito ad alcune trasfusioni di sangue infetto praticate presso il Santa Maria Goretti di Latina. Invece il ricorso straordinario del suo legale e la presentazione di nuova documentazione hanno consentito la riapertura del caso che il 10 aprile prossimo si concluderà con la sentenza del giudice del lavoro chiamato a stabilire un eventuale giusto indennizzo per quel clamoroso errore. E’ una vicenda che risale al 1973 quella di M.F., operaio presso una ditta privata, sposato e padre di due figli. L’uomo quell’anno era stato ricoverato presso l’ospedale di Latina per una frattura alla gamba sinistra che aveva richiesto un intervento chirurgico ed era stato sottoposto ad una trasfusione; poi, come dimostrano i documenti forniti dalla Asl sono seguite altre tre trasfusioni durante un successivo ricovero sempre presso il Goretti nel 1974.
Poi a distanza di qualche anno la scoperta di avere contratto l’epatite e la richiesta presentata al giudice del lavoro del Tribunale di Latina dall’avvocato Renato Mattarelli di un giusto indennizzo per il grave danno subito, richiesta rigettata nel giugno 2004 non essendo stato riconosciuto alcun nesso causale tra la positività al virus e la trasfusione. In realtà era stata la Asl durante il processo a tacere l’esistenza di quelle altre trasfusioni ma ora, grazie alla perizia del consulente medico-legale la richiesta straordinaria dell’avvocato Mattarelli di una riapertura del processo è stata accolta. Nella relazione del consulente si sottolinea infatti che il paziente è stato infettato da quelle trasfusioni e che esiste anche una colpa della Asl che all’epoca dei fatti avrebbe dovuto acquisire d’ufficio tutta la documentazione necessaria a fare chiarezza, documentazione che invece è saltata fuori soltanto dopo un anno di diffide. Adottando un comportamento che proprio il perito definisce «quanto meno carente ai fini di un corretto giudizio medicolegale » .
Ora la questione sarà riesaminata alla luce dei nuovi elementi nell’udienza del 10 aprile prossimo che dovrebbe concludersi con la sentenza del giudice del lavoro.
Latina Oggi