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Epatite con le trasfusioni, risarcito

Infettato con le trasfusioni. Il giudice decide: maxi indennizzo.

Il tribunale di Latina accoglie il ricorso straordinario per revocazione di un 54enne infettato al Goretti.  Il giudice decide l’ indennizzo di 120 mila euro da Ministero e Regione.

Quindici anni fa ha scoperto di aver contratto l’ epatite C a causa di alcune trasfusioni di sangue nel luogo in cui doveva garantire e tutelare la sua salute: un ospedale.

Ora a distanza di trenta anni da quell’evento che ha cambiato la sua vita rendendola invalidante e dipendente da un assistenza continua, un 54enne di Sezze è riuscito ad avere giustizia tramite un ricorso straordinario per revocazione su sentenza passata in giudicato promosso dal suo legale, l’ avvocato Renato Mattarelli.

Il dispositivo della sentenza è stato letto ieri in udienza presso il tribunale di Latina, sezione lavoro, dal giudice Maria Vittoria Valente che in accoglimento del ricorso, ha condannato il Ministero della Salute e la Regione Lazio a conferire al ricorrente un indennizzo da 120mila euro (i corrispettivi dal 1998 ad oggi con gli arretrati) nonchè una rendita di circa 600 euro per tutta la vita. A questa sentenza farà seguito azione di risarcimento come previsto dalla legge. Un procedimento straordinario e una sentenza importante perchè ha riaperto un processo e revocato la precedente decisione passata in giudicato stabilendo la verità ed i molti errori commessi dalla ASL che hanno poi portato ad una ricostruzione forviante dei fatti.

Questa la storia: un 54enne originario di Sezze viene ricoverato nel 1973 per un incidente stradale all’ ospedale Goretti di Latina e riceve una trasfusione per un intervento chirurgico. Quasi 15 anni dopo, analogamente agli altri casi, scopre di aver contratto una epatite cronica e presenta domanda di indennizzo presso la ASL. La domanda viene rigettata dalla commissione medico-ospedaliera che ravvisa l’ insussistenza di un nesso causale tra la positività all’ epatite C e la trasfusione subita in occasione dell’ intervento chirurgico fondandosi solo sui documenti clinici depositati ed inseriti nella relazione del Ctu.

A seguito di una lunga ricerca stimolata del legale Renato Mattarelli sono stati rinvenuti documenti decisivi per una rivisitazione del caso. Infatti, con nota dell’Asl di Latina il paziente venne informato che oltre 30 anni prima, non gli vennero praticate solo una trasfusione di sangue ma quattro. Dunque gliene erano state praticate altre in un periodo di alto rischio di contagio post-trasfusionale, quello dell’ emergenza sangue compreso tra gli anni “˜60 e “˜90. il legale per reimpostare l’ apertura del procedimento pose l’ accento sull’ assunto che la legge n. 210/92 per l’ accertamento del nesso causale fra patologia epatica ed emotrasfusione assume come fondamentale l’ evento trasfusionale non solo nel suo aspetto qualitativo (epoca del contagio, quello dell’ emergenza sangue) ma anche nel suo aspetto quantitativo: a maggior numero di trasfusioni di sangue corrisponde una maggiore probabilità di contagio virale. Su questo principio importante si è basata la revocazione del processo e anche la sentenza.

Il legale ha motivato anche le ragioni della dimenticanza del paziente nel fornire documenti su quelle trasfusioni: la sua complessa vicenda clinica ha inciso sulla sua difficoltà di ricordare tutti i ricoveri ma soprattutto sull’ impossibilità di conoscere le terapie effettuate. La successiva perizia medico-legale ha capovolto i risultati del primo processo, quelli acquisiti nella sentenza: per il Ctu il paziente è stato infettato dall’ epatite C da trasfusioni del Goretti e sussiste responsabilità della ASL che al tempo della domanda avrebbe dovuto acquisire d’ ufficio tutta la documentazione con tutte le trasfusioni: la perizia rivelava come “la fase istruttoria da parte della ASL competente sia stata quantomeno carente ai fini di un corretto giudizio medico-legale”.

 

La Provincia

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